" Incompreso"
Peter era un meraviglioso bambino.
Capelli neri e occhi azzurri erano i suoi tratti. Fin dalla nascita la vivacità
e la gioia di vivere lo avevano sempre accompagnato. Si divertiva a giocare con
chiunque e soprattutto aveva piacere di farsi prendere in braccio da qualsiasi
persona: egli si fidava di tutti e tutti gli volevano un gran bene.
Rappresentava l’orgoglio della famiglia. Crebbe in fretta e, all’età di quattro
anni, venne iscritto alla scuola dell’infanzia.
Per Peter ciò significava entrare in
nuova dimensione, ricca di nuovi e potenziali amici. Il suo primo anno di
scuola trascorse infatti all’insegna del divertimento e della scoperta di nuove
straordinarie conoscenze. Quando arrivò l’estate e la scuola finì egli si
dispiacque molto, perché l’attendeva un’estate lontana da quel suo nuovo e incantevole
mondo. Poi, per la sua gioia, finalmente sopraggiunse l’autunno e Peter si
ritrovò a frequentare il secondo e ultimo anno di scuola dell’infanzia dove
ritrovò tutti i suoi compagni.
Ma quel suo secondo anno incredibilmente si trasformò in un
anno difficile per Peter.
La maestra molto spesso preparava della schede di
preparazione per la scuola primaria, ma per lui, queste schede erano molto
difficili. Presentavano delle letterine sparse e bisognava saperle riconoscere
leggendole. Peter sapeva che l’anno seguente avrebbe frequentato la scuola “dei
grandi”, e che quindi doveva riuscire a leggerle così come doveva riuscire a
leggere anche i numeri sparsi. Lui ci provava con tutto se stesso e con grande
sforzo. Che difficoltà! Più tentava e meno ci riusciva, soprattutto quando la
maestra gli chiedeva di leggere a voce alta.
I primi tre mesi trascorsero lentamente, pareva che il tempo
si fosse fermato. Per Peter le ore sembravano correre solo quando si trovava a
giocare con gli amichetti o con i suoi familiari o quando vedeva i cartoni o
giocava con la play.
Finché dal quarto mese in poi dei terribili crampi allo
stomaco iniziarono a colpirlo già di prima mattina. Seguiti da coati di vomito.
La prima settimana i genitori preoccupati evitarono di mandarlo a scuola così
da tenerlo sotto controllo, poi lo fecero visitare. Il dottore concluse la sua
visita con la seguente diagnosi: influenza intestinale. Gli prescrisse altri
dieci giorni a casa curato con dello sciroppo e poi sarebbe potuto tornare a
scuola. Così accadde.
Peter era completamente guarito ma la sera prima del ritorno
a scuola fu preso da un terribile mal di pancia.
Quella sera era andato a letto quasi senza cena, avendo poco
appetito e la mamma gli si era messa accanto per raccontargli una fiaba. Peter
nell’ascolto era di spalle perciò la mamma non si era accorta di nulla.
La mattina seguente i crampi allo stomaco arrivarono
puntuali e, nonostante ciò, venne comunque accompagnato a scuola.
La mamma era
intenzionata a parlare con la maestra per comunicarle i fatti. La maestra fissò
un appuntamento con i genitori per il giorno seguente. Il dialogo fu tranquillo
e sereno e dal confronto con i genitori ne scaturì una conclusione: Peter è uno
di quei bambini ai quali la scuola piace poco, dunque non si applica come
dovrebbe. Bisognerebbe adottare strategie per spronarlo e per
responsabilizzarlo, visto il futuro ingresso in classe prima.
Non poteva esserci una sentenza più erronea di questa che
trovò impreparati genitori ed insegnante.
Peter si stava “spegnendo” e con lui l’entusiasmo e la gioia
di vivere cominciarono ad affievolirsi fino a trasformarsi in sentimenti di
solitudine e rabbia.
Furono questi i sentimenti che lo accompagnarono nella
scuola primaria. Ma Peter non sapeva che era stato presentato con una lettera
scritta, nella quale si riteneva un bambino con atteggiamenti poco consoni alla
scuola. Terribili i primi giorni. Perché devo leggere tutte quelle lettere?
Perché tutti mi devono sentire? Non capisco il motivo per cui tutti i miei compagni
devono sapere che non so leggere. Perché? Perché a me?
Queste erano le domande che ogni giorno dirompevano nella
mente del bambino. E ogni giorno che passava le difficoltà aumentavano. I
colloqui con le insegnanti erano sempre più frequenti così come le punizioni.
No. La scuola non era fatta per lui. Ormai questo per Peter
era evidente. Lui non sarebbe mai riuscito a leggere e a scrivere come i suoi
compagni che ormai alla fine della classe prima avevano ottenuto degli incredibili
progressi.
Quando si trovava in giardino con la classe, egli stava sempre in
disparte. Perché provare a giocare con i compagni se loro mi cacciano? Era il
suo pensiero. Per tutti lui era il bambino “strano”: com’era cambiato dai tempi
della scuola dell’infanzia! Ora sembrava estraniarsi nel suo mondo. Il suo
mondo, dove a chiunque era negato l’accesso. Tanto chi avrebbe mai voluto
entrarci?
Peter era palesemente dimagrito, parlava poco con chiunque e
le poche volte che gli era permesso, giocava con la play, chiuso in cameretta.
I suoi occhi, spesso lucidi, trasmettevano amarezza e tristezza. Dentro di lui
una gran voglia di confidare il suo dramma interiore a chiunque l’avrebbe
voluto e saputo ascoltare. Ma chi? Ora dentro di lui stava prendendo spazio la
sensazione di sentirsi un peso e motivo di delusione per la sua famiglia che lo
aveva sempre amato.
Incredulo si trovò ad essere ammesso a frequentare la classe
seconda. I primi giorni vennero assegnati ai bambini test di ingresso che, chiaramente,
Peter non completò.
Quel giorno, all’uscita della scuola, non prese il pulmino
che lo avrebbe condotto a casa come al solito. Sgattaiolò invece di nascosto,
tenendosi come l'ultimo della fila. Nessuno se ne accorse. Stretta quella “rossa”
verifica in mano, scappò via più lontano che poteva.
Non avrebbe voluto dare un’ulteriore
delusione in famiglia. No, certamente non poteva. La soluzione migliore era
quella di scomparire.
Il pulmino giunse alla fermata dove la mamma lo aspettava.
Ma Peter non scese. Lui non c’era, e la ragazza che controllava i bambini sul
pulmino non l’aveva visto salire, così come non l’avevano visto i suoi
compagni. La mamma fu presa dal panico e di corsa con la macchina
raggiunse la scuola certa di trovarlo lì nella speranza che avesse perso il
pulmino. Quando non lo trovò, si precipitò immediatamente dai carabinieri per
denunciarne la scomparsa. Nel frattempo era sopraggiunto anche il marito.
Entrambi iniziarono a darsi le colpe dell’accaduto, accusandosi a vicenda di non essere riusciti
ad educare il bambino.
La verità è che non l’avevano mai saputo ascoltare.
E quante
volte Peter ci aveva provato!
Era Peter, con stretto in pugno un…………………..
( fine prima
parte)
(giuba)
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