domenica 4 gennaio 2015

RACCONTO SUGLI ANIMALI: (fine)" Con i tuoi occhi"



" Con i tuoi occhi"

Era un pomeriggio. Ormai intuivo quando qualcuno doveva arrivare. E infatti arrivarono presto dei parenti: una mamma, un papà e i loro due figli, un ragazzo e una ragazzetta. Erano i cugini di Sara e di Daniele, e avevano portato con sé un gattino. Io ero abituato a giocare con i gatti, avevo imparato a vivere in campagna e lì di loro ce n’erano davvero tanti!
Ma quel gattino non l’avevo mai visto, e  sentivo dentro di me una gran voglia di conoscerlo e di giocarci! Al momento del pranzo tutti erano in casa a mangiare, mentre io mi ripulivo ben bene la mia ciotola in compagnia del gattino. Finito di mangiare fummo presi dall’entusiasmo di giocare e iniziammo a rincorrerci scherzosamente. D’improvviso però quel gattino ebbe la strana idea di intrufolarsi dietro la rete che ci separava dalla riserva. Su per la rete s’intrecciavano rovi e spine che  a volte ci regalavano succose more.
Io non ero mai andato oltre la rete, sapevo che era pericoloso. Mi avvicinai appena, con cautela e, non riuscendo a scorgere il gattino, che intanto aveva iniziato a miagolare, cercai di introdurvi un pochino il mio musetto. Fu un attimo…
Sentii una forte pizzico sul mio musetto e feci per ritirarmi indietro. Intanto il gattino era uscito a divincolarsi da solo, e in un secondo si ritrovò al sicuro tra le braccia delle stesse persone che lo avevano portato con lo scopo di lasciarlo in campagna, da noi. A me era passata la voglia di giocare, avevo addosso solo quella strana sensazione di prurito che proprio non voleva lasciarmi. A sera tardi gli ospiti  andarono via portando con sé anche il gattino.
Io non avevo mai smesso di grattarmi con difficoltà il musetto. Nei giorni a seguire mi calò lappetito e, a dir la verità, anche la voglia di correre e di giocare; il fatto era che non è che non ne avevo voglia, era che non ce la facevo, poiché mi sentivo stanco. Stanco davvero. In famiglia capirono che qualcosa non andava in me, avevano provato continuamente e con infinito affetto a farmi mangiare ma non cera verso. Non avevo fame.
Nell’arco di una settimana ero dimagrito tantissimo e avevo notato sguardi preoccupati su di me. Ricordo ancora quel pomeriggio: quel dottore con me era stato bravissimo e non avevo neanche sentito la puntura che aveva fatto per prelevarmi un po’ di sangue. Dovevano fare delle analisi, così avevo sentito dire, ma non sapevo cosa significasse.
 Sapevo solo di avere una fiducia cieca nella mia famiglia. La mia famiglia. Lunica e sola. I giorni passarono in fretta e io dimagrivo sempre di più,  finché non riuscii neanche più ad alzarmi. Mi sentivo strano, sempre di più. Poi sentii lo squillo del telefono e capii che non era arrivata una bella notizia. Lo capii perché dopo la telefonata tutti si misero in allarme e continuavano a ripetere una strana parola di cui non conoscevo affatto il significato ma che sapevo riguardare me:leishmaniosi. Avvertii subito una certa tensione in famiglia. O, meglio, una preoccupazione generale. I seguenti due giorni li trascorsi coricato come sempre ma, questa volta mi avevano messo un flacone collegato con un tubicino sotto la mia cute, e avevo sentito dire che si trattava di una flebo. Sarebbe  stata la prima di tante. Inutile dire che non sapevo cosa fossero, ma senza più forze e fiducioso come sempre nei miei, lasciavo far fare loro tutto ciò che volevano su di me. Sentivo che mi amavano e io amavo loro.
Ma sentivo anche che stavo per compiere un viaggio e  non avvertivo nessuna paura. Non ero solo: con me la mia famiglia ….. e, poi …..
 lultima visione che ebbi furono gli occhi della mamma che mi guardavano piangenti
da dietro la vetrata di casa; riuscivo a sentire a stento le mani del papà che delicatamente mi
accarezzavano e che, allo stesso tempo, tenevano sollevata unennesima flebo. Lultima.
Il pianto dei bambini giungeva a me ormai lontanissimo…. ma io sapevo che erano vicini.

Poi fui avvolto da un improvviso calore che sembrava allietare le mie sofferenze.
Fu in quel momento che mi sentii leggero come il vento e vidi. come dincanto un posto meraviglioso!  Cerano dei prati dai mille tenui colori, stupende farfalle svolazzavano allegre sui fiori profumati, e sprizzanti di gioia e di felicità davanti a me la mia famiglia: la mia mamma e il mio papà!
Erano quelli veri, e accanto a loro c'era anche uno dei miei  fratellini. Tutto ciò era magnifico e fui accolto con amore da tutti, anche da chi non conoscevo. Ora sono qui, in questo posto d’incanto, e spesso vado a trovare la mia famiglia terrena; so che manco loro tantissimo e so quanto hanno sofferto per la mia scomparsa….. so che un giorno torneremo a stare tutti insieme e quel giorno sarò pronto ad accoglierli con infinito amore……..



Dedicato a Bobbi



( fine)                                                                       (giuba)