Un viaggio astrale?
Mi trovavo in terapia intensiva ma ormai sveglia anche se
ancora collegata ai vari strumenti che monitoravano le mie funzioni vitali.
Sembrava fosse sera. Sì, sembrava, perché non riuscivo bene a distinguere la
notte dal giorno, non essendoci finestre basse dalle quali poter osservare
fuori, anche girando di poco il capo. C’era solo un alto finestrone dal quale
penetrava una luce esterna molto fioca, che non ti permetteva di capire con
certezza se fosse stata mattina o sera.
Penso fosse sera. Gli occhi mi si chiudevano, e proprio
mentre stavo per addormentarmi fece la sua comparsa un bambino. Più o meno
poteva avere sette o otto anni. Era stato operato ai testicoli. lo accompagnava
il padre. Ricordo che lo sistemarono in un letto nella stessa sala intensiva dove ero io.
Gli infermieri scherzavano con lui per rasserenarlo e sdrammatizzare la situazione.
Poi il papà andò via raccomandandosi con il personale infermieristico che per
qualsiasi evenienza, lui sarebbe stato a disposizione a qualsiasi ora.
Poi mi addormentai, con la testa rivolta verso il bambino, mi
faceva tanta tenerezza.
Poi d’un tratto... il caos.
Una grande confusione mi aveva svegliata. Davanti a me c’era
un susseguirsi di medici e infermieri. Andavano e venivano dal letto del
bambino. Ricordo benissimo di aver sentito esclamare uno di loro di chiamare
immediatamente il padre, perché il bambino aveva avuto una complicazione dovuta
all’operazione che aveva subito. Questa complicazione gli stava mettendo a
rischio la vita e, quindi, doveva essere operato di nuovo e con urgenza.
Ricordo benissimo quell’“andirivieni”di infermieri e medici.
Come dimenticarlo? Quel su e giù continuo del personale medico mi aveva tenuta
sveglia. Avevo visto il ricovero del bambino, mi aveva fatto un’infinita
tenerezza, e, ora pensare che non sarebbe sopravvissuto, mi stava spezzando il
cuore.
Finché mi addormentai.
La mattina presto, tutto riprese vita intorno a me. I
controlli erano ferrei, ed io ero ancora collegata con tutti gli strumenti che
controllavano i miei stati vitali. Però ora potevo parlare, con un filo di
voce, ma potevo farlo. Quindi, quando l’infermiera mi si avvicinò non persi
tempo nel rivolgermi a lei e, con tono triste le dissi che ero davvero
dispiaciuta per il bambino.
L’infermiera mi guardò con uno sguardo sbalordito, ancora
riesco a ricordare l’espressione meravigliata del suo volto e, rivolgendosi a
me, mi chiese con un finto tono pacato: “Bambino? Quale bambino?” Io le
raccontai tutto ciò a cui avevo assistito durante la notte, senza omettere
nessun particolare. Ma lei disse che non poteva essere reale nulla di quanto le
avevo raccontato, poiché la sala intensiva dove ero ricoverata io ero solo per
adulti, non certo per bambini. Tra l’altro, aggiunse, la sala intensiva
pediatrica era posta ad un piano inferiore, io ero invece ricoverata all’ultimo
piano, per l’appunto in quella degli adulti.
Allora compresi che avevo solo immaginato tutto...... ma
questo mio pensiero durò un attimo, giusto il tempo di sentire la stessa
infermiera, che allontanatasi da me e
poco attenta al suo tono di voce si rivolse ai colleghi chiedendo loro
se qualcuno mi avesse detto del bambino deceduto nella notte in terapia
intensiva pediatrica. Certamente nessuno poteva essere stato, così si chiesero
come avrei mai potuto esserne venuta a conoscenza.
Era stato semplicemente un mio viaggio astrale. Riconoscerei
quel bambino ovunque.
giuba
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